2021 IMPRESSIONI DI UN ASTROFILO
2021 IMPRESSIONI DI UN ASTROFILO
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Simona D’Eustacchio
Da quando acquistai i libri di Arthur C. Clarke, soprattutto la serie “2001 Odissea nello spazio” e successivi, rimasi affascinata dall’idea che la vita può nascere non solo su pianeti posti in un’area abitabile intorno alla loro stella.
Clarke ipotizzò (fantascientificamente parlando), che su una luna di Giove sotterrata da strati di ghiaccio, potesse esserci vita vicino a fonti di calore sotto un oceano glaciale.
Ed eccola lì, Europa. A mio parere la luna più bella del sistema solare, dopo la nostra ovviamente.
Molte “fantasie” di questo tipo sono poi divenute reali.
Un esempio per tutti: il Nautilus di Verne di 20.000 leghe sotto i mari. Scritto sul finire del 1800 quando i sottomarini non erano ancora minimamente pensati.
Non essere soli nell’universo non significa solo contemplare forme di vita come noi la conosciamo (come cita il grande Asimov).
Mi piace pensare che, sotto una coltre di ghiaccio, Europa nasconda delle grandi sorprese.
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Ilaria Zof
L’uomo è sempre stato attratto dalla ricchezza: ricchezza porta potere, e potere porta altra ricchezza.
Per questo ha sempre sperato di trovare qualcosa che generasse ricchezza, possibilmente senza sforzo.
E là dove la realtà non arrivava, subentrava la fantasia.
Ed ecco nascere il mito di Re Mida, la pietra filosofale e la pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno.
Eppure qualcosa di veramente magico c’è, c’è sempre stato, e lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: qualcosa che, senza sforzo e senza fretta, sa trasformare…
l’argento … in oro …
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Giulia Fantoni
MANE STELLE IN UN’ALBA D’INVERNO
Saturno attende placido,
Venere verrà e saranno lame di luce incandescenti;
tutto palpita,
e mentre le stelle, curiose, assistono,
maestosa scivola sulle onde invisibili del cielo la stazione spaziale.
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Gianpaolo Mennitti
Cos’è per te l’astronomia?
È questa la particolare domanda che mi facevano nel corso delle nostre serate astronomiche col pubblico prima del covid… non è semplice rispondere, ma in parte ci provo adesso, e in parte a fine post.
E’ indubbiamente una parola che suscita in me molte sfumature emotive.
Ogni volta che viene pronunciata, evoca delle sensazioni e dei profondi pensieri, uno di questi è sicuramente immaginare che lassù ci siano dei mondi, già, altri mondi possibili e abitabili … e questo mi affascina tantissimo!
Sono circa 20 anni che stiamo scoprendo pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare, i cosiddetti esopianeti, e proprio adesso che state leggendo questo post, se è sera e non è nuvoloso, affacciatevi alla finestra o andate nel vostro giardino per guardare le stelle, scegliete quelle che più vi piacciono, proprio attorno a quei puntini scintillanti che state osservando, stanno orbitando pianeti rocciosi come il nostro e pianeti gassosi come Giove…esistono!
Sono tantissimi! Stanno lassù!
Non possiamo ancora vederli direttamente ad occhio nudo o con dei piccoli telescopi ma stiamo affinando la tecnica, e sarà sempre più emozionante trovarli.
Concludo con la meraviglia che sto provando nel raccontarvi questa sensazione ed è proprio in questo punto del post che posso rispondere in maniera completa alla domanda iniziale: l’astronomia per me è un qualcosa che ha un fascino indescrivibile proprio per la sua profonda e sorprendente bellezza.
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Andrea Alimenti
Presidente Associazione Pontina di Astronomia
Era l’Aprile del ’97 e mancavano pochi giorni al mio quinto compleanno.
Di comete a quell’età ne avevo sentito parlare solo sotto Natale, ma stranamente in quel lontano Aprile i grandi erano in uno strano fermento per l’arrivo di una cometa – per me fuori periodo.
Ne parlava tanto anche la TV, c’era chi diceva cose incomprensibili, tipo che il ghiaccio sublima, e altri che prevedevano grandi sventure: non comprendevo la lingua di nessuno, ma sembrava comunque qualcosa di decisamente importante.
I miei mi portarono quindi di sera al Fogliano dove, grazie ad una tal Associazione Tuscolana di Astronomia, c’era la possibilità di osservare quella cosa in cielo.
Non dimenticherò mai quei momenti, quei passi solenni su una scala che a me sembrava altissima.
Tale scala serviva per raggiungere l’oculare di un telescopio gigantesco.
Oggi direi sui 30, o forse anche 50 metri, senza timore di esagerare.
Il tubo era grigiastro ed un blocco di ferro nero con delle lucine rosse serviva ad orientarlo, così dissero quegli astronauti.
Pensavo che quella scala servisse per raggiungere e toccare finalmente quella cometa in cielo.
Rimasi un po’ deluso quando scoprii che non ce l’avrei mai fatta a raggiungerla.
Quel barattolino però, l’oculare insomma, era assai strano: permetteva infatti di vedere quella cosa come se ci trovasse a pochi metri da questa pur non spostandosi affatto di posto né io né lei.
Non capii come era possibile, però funzionava: sembrava di stare lì, ma restavo qui.
Dissero: “È questione di lenti.”. A me sembrava magia.
Passarono anni, direi anche felici, senza che quella visione influisse minimamente sulla mia vita. Fino al 2004.
In quell’anno si focalizzarono tutti gli influssi, ancor oggi non saprei se definirli negativi o positivi, di quella maledetta cometa del ’97.
Un amico di famiglia, Franco, ci portò infatti ad altri eventi di astronomia sia al Fogliano che a Prato di Coppola.
Lì ritrovai quello stesso telescopio grigio del ’97!
Ma gli anni evidentemente passavano anche per lui: si era infatti decisamente rimpicciolito.
Nel 2004 non superava nemmeno i 2 metri.
In un paio di serate avevo già memorizzato tutte le costellazioni estive, i nomi delle stelle e le posizioni dei pianeti.
In una di queste serate conobbi anche un tal Domenico, grazie a lui in una mezz’oretta di chiacchierata capii tutto sul funzionamento dei telescopi, sulla loro struttura, i differenti modelli, sul montaggio e sull’utilizzo.
Ed ecco che nel giro di qualche mese mi ritrovai a Frascati, in via Cavour 54, con 200 € di tasca mia e 200 € di tasca di nonna, per comprare finalmente il mio primo telescopio.
Era un Bresser, telescopio newtoniano largo 130 mm e lungo 1000 mm, F 7.7, peso del tubo 4.3 kg (un decimo di me). Montatura equatoriale, tutto in manuale.
Se il rapporto con l’astronomia nei miei primi 12 anni di vita lo posso riassumere con queste poche righe, quel che segue quel giorno in cui quel telescopio entrò in casa, penso riempirebbe volumi di enciclopedia.
Questa l’anamnesi della mia malattia più grave: l’astrofilia.
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Che bel regalo quel primo cannocchiale! Due tubi concentrici di latta ricoperti di carta nera e rugosa, mi sembrava uno strumento meraviglioso.
Quella sera la Luna mi aspettava ansiosa di essere osservata dal mio superbo cannocchiale…per me qualcosa di più di un giocattolo. Scoprii a mie spese le difficoltà per inseguire il nostro satellite e contemporaneamente controllare la collimazione dell’oculare e della lente frontale mantenendo, maldestramente, con le mani i due tubi concentrici e poi la messa a fuoco allungando o accorciando il mio strumento ed eccola…la Luna, sì piccola, ma stupenda, che emozione!
E poi studiare quando poterla osservare dal terrazzo della mia casa, insomma scoprivo il cielo e con esso l’astronomia. Le stelle mi apparivano irraggiungibili asterischi luminosi mai completamente nitidi mi arresi alla sola osservazione attraverso i miei occhi.
L’atlante geografico di mia sorella era il caposaldo per conoscere i movimenti della Terra e della Luna e scoprire i misteri del Sistema solare.
Il Sole, anche il Sole, finalmente, avrei potuto osservare per proiezione, come una vecchia enciclopedia mi suggeriva e quanta fatica, ma anche quanta gioia nel riuscirlo a proiettare, dopo vari esperimenti, un poco obliquo su di un foglio bianco steso sul pavimento, e finalmente era là con le macchie solari, macchioline pallide per la verità e tanta ingenua felicità.
Mi vennero in mente quei ricordi di quando ancor più piccino rimanessi attratto dalla luce che attraversava come lame la penombra delle finestre appena socchiuse, provavo ad aggrapparmi a quei raggi e incantato osservavo il pulviscolo illuminato dai raggi del sole, impalpabili, ma tiepidi e luminosi.