APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012 – Cap 09
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012
Domenico D’Amato
Andrea Miccoli
9 – L’UNIVERSO: DAL BIG BANG AL BIG CRUNCH
II nostro Universo ha avuto inizio da un punto. Un oggetto matematico senza dimensioni. La singolarità iniziale.
Non è dato sapere come e perché sia iniziato il Tutto. Ma sappiamo che il Creato è nato da una grande esplosione: il Big Bang. Un’esplosione universale che ha permesso a tutta la materia ed allo stesso spazio-tempo, compressi in quel punto, di essere.
Numerosi risultati sperimentali ne hanno sancito la correttezza: l’espansione dell’Universo scoperta da Hubble nel 1928 e la radiazione di fondo misurata da Penzias e Wilson nel 1965.
L’ESPANSIONE DELL’UNIVERSO
L’Universo è composto da corpi o strutture che non sono statiche. Tutto si muove e ruota intorno a qualcosa.
La conferma sperimentale che l’Universo è un organismo in movimento è avvenuta nel 1928 da Hubble; l’astronomo americano determinò che tutte le galassie si allontanano le une dalle altre come spinte da una forza immane; la velocità di allontanamento è proporzionale alla distanza e riuscì a misurarla e a fissarne una legge matematica (legge di Hubble), rilevando lo spostamento verso il rosso (in inglese: redshift) della luce di quegli oggetti lontani che ci arriva sino a noi.
L’effetto è simile all’effetto Doppler che interessa le onde sonore: una sorgente in movimento, ad esempio un treno, in avvicinamento il suono prodotto aumenta di frequenza (diventa più acuto), invece in allontanamento il suono diminuisce di frequenza (diventa più grave).
Per le onde luminose, che sono le messaggere degli oggetti celesti, avviene lo stesso fenomeno, i corpi in allontanamento si manifestano con una luce di frequenza più bassa (colore verso il rosso), mentre quelli che si avvicinano emettono una luce che arriva a noi con una frequenza maggiorata (colore verso il blu).
Hubble riuscì a determinare il legame tra velocità e spostamento verso il rosso (o verso il blu) e pose le basi per un Universo dinamico in espansione.
LA RADIAZIONE DI FONDO
Nel 1965 Penzias e Wilson scoprirono casualmente onde radio a bassa energia che sembravano riempire tutto lo spazio, come un sottofondo. Tale energia era omogenea e costante (isotropa) e non sembrava provenire da un punto particolare del cielo.
La natura era quella di emissione di corpo nero alla temperatura di circa 3° Kelvin (corrispondenti a circa -270° centigradi).
Questa radiazione di fondo è ciò che rimane del Big Bang, della “palla di fuoco” primordiale del nostro Universo.
L’immensa palla di fuoco si è espansa e si è raffreddata.
Considerando l’età stimata dell’Universo (circa 13,7 miliardi di anni), la temperatura media di quella palla di fuoco in espansione deve avere ora una temperatura media corrispondente al valore della radiazione di fondo.
È per questo motivo che tale emissione è detta anche radiazione fossile, perché essa è la radiazione superstite del Big Bang.
IL BIG BANG
II Big Bang è quell’evento che ha dato inizio al nostro mondo circa 13,7 miliardi di anni fa, imprimendo a tutto l’insieme una spinta che prosegue tutt’ora.
Le condizioni primordiali erano proibitive per qualsiasi cosa, materia ed energia compresa.
L’Universo era costituito da una sorta di zuppa energetica.
Con l’espansione, la zuppa energetica si raffreddò, permettendo l’esistenza e la formazione dei primi nuclei di idrogeno.
Le prime strutture nucleari si formarono circa tre minuti dopo l’inizio del tempo, con una temperatura vicina al miliardo di gradi.
Ma dobbiamo aspettare circa 100.000 anni prima che la temperatura scenda a circa 6.000 gradi per effetto dell’espansione e sia stato possibile la formazione stabile dei primi atomi di idrogeno ed elio.
Un processo inflativo, ossia un’accelerazione repentina della velocità di espansione dell’Universo e durato per un tempo limitato, ha generato la formazione di alcuni grumi, che hanno dato vita successivamente alle prime strutture celesti: le nebulose.
La forza impressa dal Big Bang ha permesso all’Universo di espandersi.
Ma la forza gravitazionale permette al Tutto di agglomerarsi e di rallentare nello stesso tempo l’espansione, che altrimenti continuerebbe all’infinito.
Il grafico che segue cerca per sommi capi di riepilogare la storia evolutiva del nostro Universo, dal Big Bang ai giorni nostri (vedi fig 9.1).
Fig 9.1 – La storia evolutiva del nostro Universo.
LE NEBULOSE E LE STELLE
Le stelle sono gli oggetti celesti che brillano di luce propria. Il nostro Sole è una di esse.
Le stelle originano dalle nebulose che sono delle “nuvole” di gas interstellare (solitamente idrogeno ed elio) e polveri.
Nell’interno delle galassie esistono delle ampie zone piene di gas interstellare e polveri che rappresentano la fucina delle stelle.
L’azione della gravità a livello locale fa sì che questo gas si concentri in tanti piccoli bozzoli.
Ogni bozzolo si comporta come una calamità che attrae altro materiale.
La parte interna, soggetta a pressione per il peso degli strati sovrastanti, si riscalda.
Quando la temperatura raggiunge valori dell’ordine di milioni di gradi, s’innesca una reazione fisica denominata fusione nucleare.
Così nasce una protostella.
La fusione nucleare è quel processo fisico che avviene quando si raggiungono dei valori di pressione e temperature tali che due nuclei contigui si fondono: il risultato è un nucleo di un materiale diverso.
Naturalmente il livello di pressione e temperatura è diverso da materiale a materiale (la temperatura è dell’ordine dei milioni di gradi), e l’idrogeno è quello più facile da “fondere”: sono necessari solo 15 milioni di gradi!
Il processo di fusione nucleare produce un materiale d’ordine superiore, ad esempio l’idrogeno produce elio, ed una grande quantità di energia, sotto forma di calore e di particelle energetiche (vedi fig 9.2).
Fig 9.2 – Il processo di fusione nucleare tra quattro nuclei di idrogeno (H) genera un nucleo di elio (He) più dell’energia.
Il calore generato viene diffuso nell’ambiente circostante; le particelle energetiche prodotte, invece, creano una pressione interna che gonfia la stella e contrasta l’attrazione gravitazionale che tende a comprimere il tutto verso il centro.
Si stabilisce una sorta di equilibrio tra gravità e pressione, senza questo equilibrio la stella non può sopravvivere.
LE GALASSIE
Le stelle non si formano isolate ma nascono in immense estensioni di gas e detriti.
L’insieme di questi enormi raggruppamenti di corpi da vita alle galassie.
Le galassie sono enormi agglomerati stellari che contengono miliardi di stelle.
La nostra Via Lattea è una di esse e contiene circa 200 miliardi di stelle.
La forma è solitamente un disco ruotante intorno ad un centro, con la popolazione stellare che si sfrangia in strisce spiraleggianti.
Le dimensioni sono dell’ordine di diverse decine di migliaia di anni-luce (circa 100.000 a.l. per la Via Lattea) (vedi fig 9.3).
Fig 9.3 – Evoluzione di una galassia.
VITA DELLE STELLE
Le stelle non vivono in eterno. Esse brillano sino a che esiste combustibile nel loro interno:il carburante principe è l’idrogeno, l’elemento che ha bisogno delle condizioni di temperatura e pressione più favorevoli, generando nel contempo anche una maggiore energia dalla reazione nucleare.
Il processo funziona anche con gli altri elementi, fino a che non si incontra il ferro e la reazione si interrompe.
Chiaramente a mano a mano che un elemento si esaurisce, la reazione prosegue con un elemento superiore ma si produce sempre meno energia; la stella cambia colore, si arrossa, sino a spegnersi quando l’energia prodotta non è più in grado di auto-alimentare la reazione nucleare.
Con lo spegnimento, la stella morente può seguire diverse strade evolutive secondo la sua grandezza:
1) — La stella si spegne e si contrae sino a trovare una sorta di equilibrio tra pressione dei materiali costituenti e l’attrazione gravitazionale: nane brune.
Ma nane brune sono anche quelle piccole stelle che non hanno raggiunto una grandezza tale da innescare una reazione di fusione nucleare duratura.
La massa di questi oggetti è inferiore a quella del nostro Sole.
2) — La stella prosegue nella lotta alla vita, trasferendo all’interno la reazione nucleare.
L’energia prodotta fa espandere il guscio esterno.
Quando l’espansione ha raggiunto un certo limite il guscio in espansione esplode, generando una supernova.
Il nucleo, se ha ancora del materiale da bruciare, diventa una nana bianca.
Il materiale espulso dall’esplosione si disperde lentamente nello spazio interstellare, formando attorno all’astro residuo centrale un tenue guscio sferico che si allarga sempre più con il passare del tempo: questo oggetto prende il nome di nebulosa planetaria.
3) – La gigante rossa, una volta espulso il guscio esterno, è condannata al collasso gravitazionale se il corpo non è in grado di auto-sostenersi con la reazione di fusione nucleare dei materiali residui.
Il collasso gravitazionale è quel processo fisico pilotato dalla forza gravitazionale che fa implodere la materia su se stessa. Tale implosione prosegue sino a che la resistenza degli atomi a compenetrarsi non la ostacoli.
Se la massa è compresa tra 1,5 e 3,5 masse solari, la forza implodente è tale da vincere anche la resistenza degli atomi: gli elettroni (particelle negative) vengono spinti contro il nucleo, attirati dai protoni (particelle positive) si annullano a vicenda, creando dei neutroni (particelle neutre).
La materia diventa costituita unicamente da neutroni.
Il corpo ottenuto è una stella di neutroni (o Pulsar, acronimo di PULsating StAR).
Corpo compatto che gira velocissimo (dell’ordine di un giro al secondo ed anche meno) e che non emette luce, ma un segnale elettromagnetico ad impulsi con frequenza pari alla sua velocità di rotazione, come fosse un faro.
Le dimensioni del corpo iniziali diventano minuscole: il nostro Sole si contrarrebbe sino ad avere un diametro di circa dieci chilometri!
Un centimetro cubo di questo materiale peserebbe circa un milione di tonnellate, la densità del nucleo atomico!
4) – Se la stella iniziale ha una massa enorme (oltre 3,5 masse solari), il destino finale è ancora diverso da quelli sino ad ora illustrati: il collasso gravitazionale prosegue all’infinito; si genera quello che i fisici chiamano: una singolarità, il buco nero.
La materia diventa sempre più densa.
Nulla sfugge al suo campo gravitazionale, che diventa sempre più grande, sempre più vorace.
Nulla riesce a partire dalla sua superficie, neanche la luce. Il corpo centrale diventa invisibile, da qui il nome di Buco Nero.
L’osservazione visuale diretta di un tale oggetto cosmico è praticamente impossibile.
L’immagine che segue compendia graficamente quanto appena detto (vedi fig. 9.4).
Fig 9.4 – Evoluzione tipica di una stella.
PARAMETRI DELLE STELLE
Le stelle emettono luce e si presentano a noi con caratteristiche diverse.
La prima peculiarità è che alcune sembrano essere molto brillanti, altre più deboli, oltre che presentare un colore diverso.
Gli astri non sono tutti uguali in grandezza e, soprattutto, non sono tutti alla stessa distanza.
Una stella più brillante (ad esempio Sirio) non è che una stellina in confronto a Rigel della costellazione di Orione, ma ci appare come la più brillante perché Sirio è distante solo 8,6 a.l. contro i 1.000 a.l. di Rigel. Rigel ha una massa 20 volte quella di Sirio.
Una prima caratteristica delle stelle è la magnitudine apparente (m), ossia la luminosità con cui la vediamo. Un altro parametro caratteristico è la magnitudine assoluta (M), ossia la luminosità con cui vedremmo la stella ad una distanza fissa di 10 parsec equivalenti a 32,6 a.l.
La luminosità più alta corrisponde ad una magnitudine più piccola.
Ad esempio: una stella di magnitudine apparente m=0 è 2,512 volte più luminosa di una di m=1, che è 2,512 volte più luminosa di una di magnitudine m=2, e così via.
In condizioni favorevoli, l’occhio umano è in grado di percepire le stelle fino alla magnitudine m=6.
In questo modo teoricamente si possono scorgere ad occhio nudo sino a circa 3.000 stelle per emisfero.
L’altro parametro che contraddistingue le stelle è il loro colore, sinonimo di età: le stelle azzurre sono le più giovani, quelle rosse sono le più vecchie.
All’osservazione visuale, le stelle si possono presentare in diversi modi:
– isolate;
– in sistemi multipli: sistemi binari, sistemi tripli e così via.
Molte delle stelle che osserviamo, ci sembrano singoli astri.
L’osservazione al telescopio mostra che la maggior parte fanno parte di sistemi multipli.
Ma ciò non significa che siano necessariamente dei sistemi legati fisicamente l’uno all’altro.
Possono semplicemente essere delle doppie o triple solo prospetticamente.
In altri casi, dei sistemi stellari li possiamo osservare in un modo, ma dal loro comportamento possiamo dedurre che hanno una o più compagne invisibili.
– In ammassi aperti, quando la concentrazione in una certa zona è superiore al normale, ma che comunque distinguiamo abbastanza facilmente gli astri presenti.
– In ammassi globulari, quando la concentrazione è tale che esso si presenta alla nostra osservazione come una nuvoletta sfrangiata, molto brillante, su cui riusciamo a distinguere qualche componente.
– In galassie. Tutte le stelle che vediamo ad occhio nudo appartengono alla nostra galassia, la Via Lattea. Solo M31, conosciuta col nome di Grande Galassia di Andromeda, è l’unico oggetto extra-galattico che si riesca a scorgere ad occhio nudo.
L’UNIVERSO OGGI
II nostro Universo è in espansione. Ma sino a quando?
Gli studiosi non sono concordi sul destino futuro del Tutto.
La quantità di materia ed energia contenuta nell’involucro universale non è conosciuto. Il comportamento delle galassie, fa presupporre che noi vediamo solo una minima parte (circa il 10 per cento) di ciò che veramente è l’Universo.
Ma cos’è questa parte invisibile e sconosciuta?
Per rispecchiare il mistero che circonda questa parte consistente di materia, i fisici hanno pensato bene di denominarla materia oscura.
Non possiamo dire nulla per specificare questo tipo di materia.
Non si riesce a renderla tangibile con nessun esperimento.
Sappiamo solo che c’è ed è la maggioranza dei costituenti il nostro mondo.
La quantità di materia esistente per un volume unitario (densità) determina la vita futura dell’Universo:
1) – se questa densità è inferiore alla densità critica, l’Universo si espanderà per sempre.
Ma comunque finirà per la morte di tutti i suoi componenti;
2) – se la densità è uguale a quella critica, l’espansione rallenterà, per fermarsi in un tempo infinito.
Ma comunque finirà per la morte dei suoi componenti;
3) – se la densità è superiore a quella critica, la forza gravitazionale rallenterà sempre più l’espansione, iniziata con il Big Bang, sino ad avere il sopravvento. A questo punto l’Universo inizierà a contrarsi, sino a che avverrà il Big Crunch: la grande contrazione. Il Big Crunch è il buco nero finale in cui tutto l’Universo precipiterà e finirà la sua esistenza.
Qual è il nostro destino?
A noi non è dato sapere. I tempi sono comunque enormi.