ALTARE
ALTARE
LA COSTELLAZIONE
L’Altare (in latino Ara, sigla Ara) è una piccola costellazione australe visibile con difficoltà solo dalle regioni meridionali dell’Italia.
Le coordinate del punto centrale sono: 17h 00min di Ascensione Retta (AR) e -55° di declinazione (delta).
LE STELLE
Non ci sono stelle di particolare interesse per l’astrofilo.
GLI OGGETTI CELESTI
Non ci sono oggetti celesti di particolare interesse per l’astrofilo.
L’asterismo della costellazione dell’Altare
L’Altare visto da Hevelius
IL MITO
Il nome originario deriva dal nome dell’Altare dedicato al Centauro Chirone, la creatura terrestre più saggia.
ISON, LA COMETA DI NOVEMBRE 2013
ISON, LA COMETA DI NOVEMBRE 2013
Carissimi amici ciechi ed ipovedenti,
in questo mese di novembre 2013 di cos’altro vi potevo parlare se non della cometa di cui già si parla tanto?
Perché questa cometa è tanto chiacchierata?
Cos’ ha di speciale rispetto a tante altre comete?
Ebbene, la cosa più sicura che si può dire è che ha un futuro molto incerto, non solo, anche il suo presente, per adesso, non è molto…brillante (in tutti i sensi).
Diamole uno sguardo da vicino, cerchiamo di conoscerla e cominciamo dal nome: si chiama ISON (tutti pronunciano Aison, all’americana) questo non è il nome dello scopritore (è stata scoperta da due astronomi russi) ma è il nome della rete di cui faceva parte l’osservatorio dove è avvenuta la scoperta lo scorso anno 2012 il 28 settembre.
Allora si trovava ancora molto lontana dal Sole, era tra l’orbita di Saturno e quella di Giove a circa 900 milioni di km di distanza da Sole.
E’ piccolina, ha un corpicino di circa 2 km, scoprirla a tanta distanza è stato come cercare (e trovare) con un telescopio da Roma, una lenticchia sulla città di Mosca!
Potenza della tecnologia moderna applicata ai telescopi!
Anche questa come altre comete proviene dagli estremi confini del sistema solare: la cosiddetta nube di OOrt dove ancora si trova tutta la materia che per la grande distanza dal Sole non ha ricevuto la necessaria attrazione per muoversi e perciò non ha preso parte alla costruzione del sistema solare.
Stiamo parlando di una distanza pazzesca, da dove la cometa Ison è partita migliaia o milioni di anni fa per arrivare solo adesso da queste parti.
Con precisione possiamo dire che il 28 novembre 2013 sarà al perielio che è il punto più vicino al Sole.
Sarà quello il momento più drammatico della vita della cometa Ison, è in quelle poche ore che sono state concentrate tutte le forze tecniche e l’attenzione di tutti gli astronomi perché la sua distanza dal Sole sarà veramente piccolissima e cioè meno di 2 milioni di km (pensate che noi stiamo a 150 milioni di km e Mercurio non scende mai sotto i 45) in quelle poche ore la cometa sarà dietro al Sole, dalla Terra nessuno potrà osservarla, solo l’occhio di alcuni strumenti spaziali della Nasa potranno seguire l’evento, con molte precauzioni per non bruciare i sensori ottici.
Quando la cometa inizierà la traiettoria curva intorno al Sole e sparirà dietro di esso, nessuno sarà in grado di dire con sicurezza se la rivedremo ancora. Nel caso che possa riemergere dall’altro lato del Sole chissà in quali condizioni si troverà.
La cometa è così piccola e la sua distanza dal Sole è così ridotta che è possibile che il Sole la faccia letteralmente svaporare tutta e riduca in frammenti il nucleo sbriciolandolo con la forza di gravità.
Questo è già successo ed è stato osservato anche recentemente con altre comete.
La più famosa e documentata frantumazione di una cometa è avvenuta per opera del pianeta Giove nel mese di luglio del 1994, un evento che seguii anch’io con il mio telescopio.
La cometa era la Shoemaker-Levy , era un unico pezzo intero, come tutte, ma quando la distanza da Giove era diventata ormai troppo piccola (poche decine di migliaia di km) i pezzi diventarono due, poi tre, quattro, dieci, poi 21 pezzi che finirono tutti su Giove in fila indiana lasciando enormi segni d’impatto nell’atmosfera del pianeta per alcuni mesi.
La Ison in pratica, fino ad ora nessuno l’ha vista ad occhi nudo – è troppo piccola – e nessuno potrà vederla facilmente e bene come vedemmo la grande cometa Hale-Bopp in molte serate del 1997.
Però sarà possibile vederla (o intravederla) nella luce del crepuscolo mattutino un’ora prima del sorgere del Sole nei giorni intorno al 24 di questo mese di novembre 2012 dalle ore 06.00 in poi avendo l’orizzonte sgombro, il ché, di questi tempi non sarà facile.
Dopo lo stress termico e gravitazionale del passaggio al perielio potremo tentare di vedere ciò che sarà rimasto della cometa (se qualcosa sarà rimasto) nei giorni 3/4/5 dicembre, dopodiché ci vorrà il binocolo o il telescopio perché si allontanerà molto velocemente.
Non tornerà mai più da queste parti. La sua orbita non è chiusa ma aperta e questo significa che non è periodica quindi non la vedremo mai più.
Sono varie decine le comete che arrivano ogni anno nel sistema solare, arrivano da sopra, da sotto, da ogni parte, non arrivano sistemate sullo stesso piano dei pianeti.
Se hanno la giusta massa e arrivano con la giusta velocità ed alla giusta distanza dal Sole diventano periodiche cioè vengono catturate dalla gravità del Sole e sistematicamente ritornano dopo un numero di anni che dipende dalla dimensione dell’orbita: più è piccola e più è breve il periodo di rivoluzione intorno al Sole, la Henke ha l’orbita più piccola e quindi il periodo più breve di tutte: 3 anni per fare un giro.
La maggior parte ha periodi di 10-20 anni ma alcune hanno periodi di centinaia di anni.
Le comete che si impongono all’attenzione di tutta la Terra per la loro visibilità e la bellezza della coda e della chioma sono pochissime, diciamo una ogni 4-5 anni.
Fra gli studiosi che seguono la Ison c’è chi dice che non ha l’orbita aperta ma tanto tanto grande da sembrare aperta anche se dovrebbe essere chiusa ed avanzano l’ipotesi che potrebbe essere la stessa cometa del 1680 attribuendole, così, un periodo di circa 300 anni.
Per adesso, speriamo che ce la faccia a superare la difficile prova del 28 al perielio e speriamo che il 29 novembre sia ancora in…vita.
Noi qui a Latina festeggeremo il suo arrivo organizzando una mattinata antelucana domenica 24, che secondo me è il giorno con le condizioni migliori per poterla vedere (in tutta l’Italia) il ché avverrà un’ora prima dell’alba (tempo meteo permettendo) e poi, se uscirà viva dall’incontro ravvicinato con il Sole, il 3 dicembre faremo la mattinata del commiato per rivederla e salutarla augurandole un “buon ritorno a casa….”.
I dettagli delle due giornate -tra qualche giorno- nel sito: www.astronomiapontina.it .
Pensate: ha atteso questo momento per quasi 5 miliardi di anni, al freddo più intenso ed al buio più estremo di tutto l’universo; ha percorso migliaia di miliardi di km, ha viaggiato per milioni di anni e dopo tutto ciò, in pochissime ore, il suo destino si compie il 28 novembre 2013: o ritorna a casa felice perché ha potuto vedere da vicino il Sole fin quasi a toccarlo, oppure soccombe, meschina, vittima di un sogno impossibile. Vedremo.
Io vivamente mi auguro che ce la faccia, mi è simpatica ed il 29 mattina vorrei festeggiare la sua….rinascita dalle fiamme solari.
Vi terrò informati con la prossima pillola ai primi di dicembre dopo la mattinata del commiato (se ci sarà).
Ma se qualcuno volesse sapere in tempo reale se la Ison c’è ancora oppure si è fermata per sempre, mi scriva o mi telefoni (cell.3475775180) risponderò volentieri.
A tutti un caro saluto,
Andrea Miccoli.
LA STAZIONE SPAZIALE
LA STAZIONE SPAZIALE
Carissimi amici ciechi ed ipovedenti,
Anche quest’anno, come gli anni passati, io con i miei amici e collaboratori dell’Associazione Pontina di Astronomia, durante tutta l’estate, abbiamo passato molte serate all’aperto, spiegando la volta celeste agli appassionati del cielo.
Quest’anno però, in alcune serate, ho notato con piacere che il picco di maggiore interesse e divertimento per la gente era in corrispondenza di ciò che raccontavo a proposito di un puntino luminoso che solcava il cielo.
Si vedeva chiaramente che non si trattava di un aereo perché non aveva nessuna luce intermittente e questo incuriosiva di più i presenti i quali diventavano irrefrenabili con le domande a mano a mano che il puntino si avvicinava sempre di più all’orizzonte per poi scomparire.
Che cos’era? Era la Stazione Spaziale Internazionale orbitante!
Un puntino luminoso che di solito passa inosservato.
E’ solo un puntino, ma è pieno di cose e persone molto interessanti che vivono in un ambiente molto particolare che non tutti conoscono.
La NASA fornisce ogni tipo di informazione su tutto ciò che riguarda le caratteristiche, le attività, la vita e gli esperimenti scientifici che vengono svolti a bordo.
La conoscenza di ciò che sto per raccontarvi viene dalle mie osservazioni dei filmati che seguo incessantemente – anche in diretta- per curare il mio autoaggiornamento su tutto ciò che riguarda lo spazio.
Ecco anche a voi qualche immagine di quell’ambiente così particolare che destava tanto interesse ma anche tanta ilarità fra la gente durante le serate estive.
Si chiama anche International Space Station, all’americana, che abbreviato diventa ISS.
E’ un enorme laboratorio spaziale ampio come un campo di calcio (metri 100 x 70), pesa 450 tonnellate e si trova a 400 km di altezza.
A vederlo da vicino si presenta come una specie di grosso tubo con un diametro medio di 3 – 4 metri, mentre l’interno è di sezione quadrata con il lato di circa 2,5 mt.
Ha 20 bracci lunghissimi alle cui estremità sono attaccati enormi pannelli fotovoltaici che hanno una superficie totale di circa 4000 metri quadrati per la produzione dell’energia elettrica.
La sua velocità è di 28.000 km/h; per fare un giro intorno alla Terra impiega solo un’ora e mezza, per questo motivo nella stessa serata è possibile vederla dalla terra anche più volte.
Ogni volta ci mette pochi minuti ad attraversare il cielo sopra le nostre teste da ovest verso est ed ogni volta la gente rimane a bocca aperta a guardare e a pensare quanta importanza, tecnologia e vita c’è in quel puntino così piccolo ma anche così grande.
Il suo volume abitabile è circa 300 metri cubi – come può essere lo spazio di un appartamento di 5 stanze – ma lì non ci sono stanze, c’è un lungo corridoio principale con alcune brevi diramazioni secondarie che servono per l’attracco delle navette spaziali che trasportano materiali e persone.
Ci sono moltissime apparecchiature elettroniche per il controllo dell’orbita e per l’effettuazione dei numerosi esperimenti scientifici molto particolari che possono essere fatti solo lì dentro.
Infatti lì non c’è la gravità, o meglio, la gravità c’è ma non si sente.
La ISS con la sua velocità è come se fosse sempre in “caduta libera” intorno alla Terra e chi ci sta dentro è anche lui in caduta libera insieme con la ISS e quindi rispetto alla ISS non ha nessun peso e perciò galleggia nell’aria che c’è all’interno.
Ovviamente dove non c’è gravità non si può camminare perché non c’è modo di stare con i piedi per terra.
Gli astronauti però per tenere i muscoli e le ossa sempre efficienti camminano e corrono, ogni giorno fanno 2 ore di palestra: hanno una varietà enorme di esercizi da eseguire con tanti strumenti tra cui anche un tapis-roulant dove fanno parecchi chilometri di corsa sudando come cavalli.
Ma come fanno a camminare ed a correre sul tapis-roulant? Vengono legati con delle grosse molle che li tirano verso il basso per simulare la gravità. Ovviamente, ognuno ha le molle regolate in proporzione al proprio peso.
L’abbigliamento abituale degli astronauti all’interno della ISS è di tipo casalingo: calzini, pantaloncini ed una maglietta. Mettono le scarpe quando devono fare lavori pesanti e mettono la tuta spaziale quando devono lavorare all’esterno della ISS o quando devono fare il viaggio di ritorno verso Terra.
Per muoversi ed andare da una parte all’altra nella ISS nessuno cammina, si vola, si galleggia nell’aria.
Si mettono in posizione orizzontale a mezz’aria, si danno una spintarella con le mani toccando le varie maniglie poste un po’ ovunque sopra, sotto, destra e sinistra in quel tubone dove vivono e partono come dei …”superman” orizzontalmente verso la direzione scelta, a volte con i piedi in avanti, a volte con la testa in avanti: 5…10 metri… ma siccome è difficile mirare giusto, spesso vanno a finire contro le apparecchiature e si devono proteggere anche perché per fermarsi non hanno i freni a disco ma solo le mani.
E’ chiaro che stiamo parlando di velocità minime, come una persona che cammina.
Perché in questo periodo c’è tanto interesse per la Stazione Spaziale? Il motivo sta nel fatto che uno dei 6 astronauti che adesso si trovano lì dentro è un italiano.
Si chiama Luca Parmitano ed è un Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana (come me, ma io ho quasi due volte i suoi anni) è di Paternò (CT).
E’ salito lassù il 28 maggio scorso insieme ad un russo e ad una donna americana e torneranno a casa l’11 novembre prossimo: quasi sei mesi di permanenza.
Ogni tre mesi c’è un cambio: 3 nuovi arrivano e 3 “vecchi” ritornano a casa dopo una permanenza di sei mesi.
Abbiamo detto che all’interno della ISS nessun corpo ha peso, diciamo che “manca” la gravità.
Non cade nulla verso il basso o sul pavimento, niente va giù, tutto rimane lì dove lo lasci, anche a mezz’aria.
L’atmosfera che c’è all’interno è molto simile a quella che c’è sulla Terra: l’ossigeno si prende dall’acqua (con l’elettrolisi) e l’azoto si porta su con le bombole.
L’aria che serve per respirare deve circolare sempre, ci sono dei potenti aspiratori che la prelevano, la depurano e la rimettono in circolo, quindi non è mai ferma, si muove sempre e con questo movimento porta lentamente con sé tutto ciò che galleggia a mezz’aria se non è bloccato o ancorato da qualche parte.
Per questo motivo gli astronauti devono stare legati quando dormono perché altrimenti potrebbero essere portati in giro durante il sonno correndo qualche pericolo.
Naturalmente il lettino non c’è.
Per dormire ogni astronauta ha il suo sacco a pelo (senza pelo) che è fissato al muro o al soffitto della propria piccolissima stanzetta che non è più grande di un paio di metri quadrati.
Possono dormire in qualunque posizione perché nella ISS non c’è la posizione orizzontale o verticale, e quindi c’è chi dorme attaccato al soffitto, chi dorme attaccato ad uno dei pannelli laterali, chi con la testa su, chi con la testa in giù, per loro fa lo stesso, ma tutti dentro il sacco che è fissato da qualche parte con delle cinghie.
Quando dormono con le braccia fuori dal sacco, sono veramente buffi perché le braccia galleggiano anch’esse e sembra che stanno acchiappando le mosche e invece stanno dormendo …
Per quanto riguarda la pulizia personale, gli astronauti non si possono lavare come ci laviamo noi.
Lì non cade nulla, neanche l’acqua, se vuoi bere un bicchiere d’acqua, giri il bicchiere ma l’acqua non scende, per bere devi usare per forza una cannuccia.
La doccia non esiste, non si può fare.
Prima di tutto perché non si può sprecare neanche una goccia d’acqua, inoltre c’è da ricordare che l’acqua della doccia non andrebbe giù, si fermerebbe intorno alla testa, senza cadere, tappando occhi, naso, con qualche rischio di soffocamento.
E allora come si lavano gli astronauti?
Bagnano un asciugamani con un po’ d’acqua e quando è bello umido lo strofinano sulle parti del corpo che sono da pulire. Tutto qua.
E i denti?
Si prende lo spazzolino, si mette un po’ di dentifricio, si strofina lo spazzolino sui denti… sopra, sotto, destra, sinistra… e quando i denti sono puliti il dentifricio viene ingoiato, si beve mezzo goccio d’acqua, si asciuga lo spazzolino e si rimette tutto a posto. Stop.
Le donne e gli uomini come si lavano i capelli?
Fare lo shampo è un’operazione che richiede solo pochi minuti anche per le donne che hanno i capelli lunghi: si prende il tubetto dello shampo, se ne versa un po’ direttamente in testa fra i capelli, niente acqua, con le mani si massaggia, si strofina a piacere, alla fine si puliscono i capelli con l’asciugamani inumidito e si possono pettinare. Finito.
Anche i capelli galleggiano e le astronaute che li hanno lunghi, ovviamente non li hanno mai sulle spalle ma sempre dritti come aghi per aria in tutte le direzioni.
Loro sanno di essere buffe e sono le prime a ridere davanti alle telecamere.
Cosa mangiano gli astronauti?
Principalmente cibi sotto vuoto preconfezionati, ognuno secondo il proprio menu concordato a terra con i nutrizionisti della NASA.
Ma quasi ogni mese, insieme ai vari rifornimenti tecnici per la Stazione Spaziale arrivano anche verdure e frutta fresca.
Lì le sedie non ci sono, non servono.
Per stare fermi quando si mangia bisogna infilare i piedi sotto le maniglie del pavimento.
Si mangia tutti insieme, in allegra compagnia, ma non stanno tutti intorno al tavolino da pranzo dove ci sono le cose da mangiare, alcuni si mettono intorno al tavolino ed altri si mettono sopra, a mezz’aria e galleggiando con la faccia in giù mangiano, bevono e chiacchierano tutti insieme.
Ma dopo aver mangiato e bevuto sicuramente -prima o poi- bisognerà anche… O no?
Ma come si fa ad usare il bagno dove non c’è la gravità e nulla cade verso il basso…?
A questo punto spero proprio di non creare qualche imbarazzo a nessuno.
Stiamo per entrare in un bagno di circa 1 metro di larghezza per 1 metro e mezzo di profondità.
Scusate ma mi viene da ridere se penso…”a giugno siamo partiti parlando del solstizio d’estate, poi dell’afelio, poi le stelle cadenti, l’equinozio d’autunno e adesso che ci azzecca questo bagno con l’astronomia?
E’ vero che è il bagno più alto dell’universo, ma forse ho sbagliato qualcosa!
Proseguiamo, con la speranza che dopo questa mail non vi cancellerete tutti dalla lista J.
A bordo della ISS ci sono due bagni, sono identici e funzionano allo stesso modo sia per gli uomini che per le donne.
Abbiamo già detto che lassù l’acqua è molto preziosa e perciò anche i liquidi (sudore, urine) di 6 persone è roba molto preziosa che ovviamente non può andare sprecata.
Il sudore viene prelevato tramite la depurazione dell’aria, le urine sono prelevate dai bagni, è opportuno quindi mantenerle separate dalle parti solide per non essere costretti -dopo- a doverle separare.
Nel bagno, quindi, la via per i liquidi è nettamente separata dalla strada che faranno le parti solide.
Per…depositare queste ultime c’è un piccolo sedile grande come un piatto, con un foro di circa 10 cm al centro.
Ognuno ha il proprio copri-sedile, si siede lì, si lega (non certo per evitare l’effetto…missileJ) e si libera delle parti solide.
Per i liquidi invece bisogna prendere un tubo leggero e flessibile -diametro 5/6cm- che è appeso lì a fianco.
All’entrata di questo tubo si applica il proprio imbutino personale (rotondo per i maschietti ed ovale per le femminucce) e con la mano si tiene il tubo laddove deve ricevere i liquidi.
E la mano deve stare ferma…. altrimenti… lì non va niente per terra, tutto galleggia e se ne va in giro … J
Questa è la posizione di un astronauta nel bagno.
Una sola mano è libera.
Ovviamente noi qui sulla Terra abbiamo la gravità che nel bagno ci facilita molto le cose, lassù ci pensano le pompe di aspirazione a portare nei rispettivi contenitori i due tipi di materiali.
Come abbiamo già detto, i liquidi diventeranno acqua potabile, i solidi verranno raccolti in contenitori , saranno sterilizzati, disidratati e mandati sulla Terra con il primo volo.
Ci sarebbero da dire molte altre cose interessanti, specialmente riguardo agli esperimenti scientifici che si fanno a bordo della ISS, ma ci fermiamo qui.
L’anno prossimo 2014 a novembre andrà lassù la prima donna italiana: Samantha Cristoforetti, di Milano, è un capitano dell’Aeronautica Militare Italiana ed è in addestramento spaziale già da due anni.
Il mese prossimo -novembre- torneremo a parlare di astronomia, quella vera.
Ricordatevi di comunicare questa iniziativa anche ai vostri amici.
Con piacere vi dico che stiamo diventando sempre più numerosi, vi ringrazio.
A tutti un caro saluto,
Andrea Miccoli
LA LUCE
LA LUCE
Pillola N° 21
Cari amici ciechi ed ipovedenti,
in questa pillola di astronomia non sarò io, Andrea Miccoli, a parlarvi ma un altro Andrea – sempre dell’Associazione Pontina di Astronomia – molto più giovane (quasi mezzo secolo di differenza d’età).
Si tratta di Andrea Alimenti, che alcuni di voi hanno già conosciuto qui a Latina. Buona lettura.
……………………
Il 2015 è stato dichiarato l’anno internazionale della luce dalle Nazioni Unite e a seguire anche da tante altre organizzazioni ed associazioni.
Ho deciso quindi di parlare di luce ai partecipanti del corso di astronomia per ciechi ed ipovedenti organizzato dall’Associazione Pontina di Astronomia nel mese di luglio 2015.
Questo testo avrei voluto mandarvelo registrato con la mia voce ed alcune note musicali che sarebbero state riprodotte come esempi per meglio capire alcune sfumature di questo argomento, ma il tempo per fare la registrazione con voce e strumenti non sono riuscito a trovarlo, causa impegni soprattutto universitari.
In parte, riassumo quella bellissima chiacchierata che fu preparata per durare poco più di mezz’ora e che invece, guidata dalle domande dei partecipanti, si allungò per oltre un’ora e mezza.
Di questa riporto qui solo i punti più importanti, il resto rimarrà ovviamente solo un gradevolissimo ricordo per me e i presenti.
Non vi farò qui una trattazione completa sulla luce e sui suoi particolari comportamenti, il ché richiederebbe conoscenze di fisica, chimica, matematica, biochimica, fisiologia, ottica, neurologia, psicologia ed altro ancora che io non ho.
Vi parlerò quindi in generale di luce e colori, sperando di passarvi un’idea scientificamente corretta e, spero, di facile assimilazione.
Ho comunque la consapevolezza che per un non vedente dalla nascita, mai nessun discorso potrà far immaginare un colore così come noi li vediamo.
È opportuno iniziare parlando della luce in sé, cos’è questa strana cosa, una introduzione, per cominciare a capirne qualcosa.
Normalmente si parla di luce quando si indica quella porzione dello spettro elettromagnetico che può essere vista dall’occhio umano.
Ops, già ho usato due parole un po’ scomode, passo passo cercherò di spiegare tutto, non preoccupatevi.
Lo spettro elettromagnetico non è altro che la grande famiglia di tutte le diverse tipologie di radiazioni elettromagnetiche, quindi troviamo qui dentro le onde radio, le microonde sia del nostro forno ma anche quelle che permettono alle varie sonde a spasso nel nostro sistema solare di comunicare con noi a grande distanza, c’è anche l’infrarosso che generalmente ci permette di cambiare canale al televisore senza doverci alzare dal divano, c’è la luce visibile, l’ultravioletto che ci abbronza, i raggi X delle lastre e i raggi gamma che forse è meglio non incontrare.
Cosa distingue però tutti questi componenti dello spettro elettromagnetico?
Beh per adesso accontentiamoci di sapere che sono tutti parenti, che sono tutte radiazioni elettromagnetiche.
Queste radiazioni elettromagnetiche non sono altro che un modo con cui si può propagare dell’energia.
Sarebbe bene ora spiegare anche questa parola: energia.
Questa non è altro che la capacità di poter indurre un cambiamento su un corpo.
Allora è energia un libro che può cadere da una scrivania e schiacciare la formichina che accidentalmente si trova li sotto, ma è anche energia la benzina che noi bruciamo nei motori per far muovere le nostre macchine.
Pensandoci bene tutto ciò che ci circonda è energia, ovvio di diverso tipo, ma pur sempre energia.
E poiché la luce può ad esempio scaldarci, mettere in movimento elettroni od altro anche questa è considerata energia chiamata però, con un parolone, di tipo elettromagnetico.
Questo semplicemente per differenziarla ad esempio dall’energia chimica della benzina, o dall’energia cinetica di una macchina in movimento.
L’idea che per adesso è utile tenere a mente è che la luce visibile è sorella delle microonde, degli ultra violetti, dei raggi x semplicemente perché tutte queste radiazioni permettono il trasporto di energia di tipo elettromagnetico.
L’occhio umano è cieco alla quasi totalità di queste radiazioni. Nessuno può vedere il segnale che esce dall’antenna dei nostri cellulari, anche se questo è praticamente la stessa cosa della luce.
Per capire però cosa differenzia la luce visibile dalle altre radiazioni è necessario fare un bel passo avanti che faremo scordandoci per un poco della luce.
Penso che la maggior parte di voi abbia avuto l’esperienza di trovarsi su una barca, ecco immaginatevi di trovarvi ora a bordo di quella barca.
Per chi non è stato così fortunato è comunque facile capire cosa si prova in mezzo al mare: se ci sono delle onde, e la barca è piccola, ci si sente spostare su e giù.
Alle persone più sensibili questo movimento può facilmente far sentire male, causando nausea e malessere generale chiamato cinetosi.
Comunque immaginate di stare con la vostra barchetta, con motori spenti, in mezzo al mare in una giornata in cui ci sono delle belle onde.
Ecco che come già detto, vi sentirete spostare su e giù.
Ora prendete in mano un orologio, o meglio ancora un timer, e regolatelo in modo che questo suoni dopo un minuto.
Fatto? Ok fate partire l’orologio e nel frattempo iniziate a contare quante volte avete fatto su e giù nella vostra barca per colpa delle onde.
Ogni volta che avete fatto su e giù vuol dire che è passata un’onda completa, quindi quando contate i vostri movimenti completi, state in realtà contando quante onde passano sotto di voi.
Ora l’orologio suona, è passato un minuto! Quante onde avete contato? 20? 30? 40?
Ecco, il numero che avete è la frequenza delle onde! Questo è un primo concetto da ricordare: la frequenza.
In realtà per essere un pochino più corretti, in fisica normalmente non si contano le onde che passano ogni minuto, ma si fa il conteggio delle onde ogni secondo.
Ma poiché manualmente è difficile contare le onde al secondo, noi impostiamo il timer ad un minuto, una volta effettuato il conteggio dividiamo il numero ottenuto per 60, che sono i secondi presenti in un minuto, ed otteniamo la frequenza così com’è definita in fisica.
In modo simile immaginate che sia possibile misurare anche la lunghezza di un’onda, cioè lo spazio che c’è ad esempio tra due creste consecutive di un’onda, o quello tra due ventri di un’onda.
Il ventre è la parte “bassa” di un’onda, cioè quando noi ci sentiamo andar giù, mentre è detta cresta la parte più alta, quella che ci solleva con tutta la nostra barca.
Ovviamente le onde non sono ferme ad aspettare che noi con un metro ne possiamo misurare la lunghezza, esisteranno quindi altri metodi, ad esempio scattando una foto.
L’importante comunque è capire cos’è la lunghezza d’onda e che questa è in qualche modo misurabile.
Infine sempre sulla nostra barchetta ci può venir la curiosità di misurare quanto vanno veloci le onde sotto di noi.
Questo lo si può misurare facilmente, ad esempio cronometrando il tempo che un’onda impiega per passare due punti (ad esempio due scogli) a distanza nota.
Dividendo lo spazio tra questi punti e il tempo misurato si ottiene la velocità dell’onda.
Abbiamo ora compreso il significato di frequenza, lunghezza d’onda e di velocità di propagazione.
Siamo pronti per fare un bel passo avanti, lasceremo ora le onde del mare, per passare ad onde di diverso tipo… ma non dimentichiamoci comunque della nostra barca che ci tornerà nuovamente utile.
Ora iniziamo a parlare di onde sonore.
Il suono si propaga tramite delle onde che nessuno vede, delle onde di cui nessuno può, senza particolari strumenti, cercare di contare frequenza e misurare lunghezza e velocità.
Queste sono delle onde di pressione che si possono propagare più o meno facilmente in diversi mezzi e materiali, ad esempio aria, acqua, metalli ed altro.
Queste onde però oscillano così rapidamente che senza l’utilizzo di strumenti esterni noi non possiamo renderci conto di che frequenza queste siano.
I suoni che noi udiamo hanno infatti frequenze comprese tra i 20 Hz e i 20000 Hz.
Hz si legge Ertz ed è l’unità di misura della frequenza.
Dire 20 Hz vuol dire che queste onde fanno 20 oscillazioni al secondo. Cioè se ci fosse una barca che potesse galleggiare sulle onde del suono noi li sopra conteremmo 20 onde ogni secondo, o meglio 1200 onde ogni minuto. 20000 Hz invece vuol dire contare 20000 onde ogni secondo.
Capite che è difficile contare tante oscillazioni così rapide.
In realtà noi tutti abbiamo uno strumento meraviglioso che permette di distinguere queste diverse frequenze.
Sto parlando del nostro orecchio! Grazie a lui noi associamo ad ogni frequenza sonora uno stimolo e sensazione uditiva diversa.
Ecco che senza rendercene conto quando arriva al nostro orecchio una frequenza bassa, tipo quella del contrabasso, noi sentiamo un suono grave, mentre quando veniamo investiti da un’onda sonora a frequenza elevata, come quella del violino, noi sentiamo un suono più acuto.
Il nostro orecchio però non può percepire suoni di qualunque frequenza, noi veniamo continuamente investiti da onde sonore che hanno frequenza maggiore di 20000 Hz ma non ce ne rendiamo assolutamente conto!
Siamo tutti sordi a queste frequenze dette ultrasuoni.
Ma poiché non tutti gli orecchi sono uguali, ecco che molti animali come i cani o i pipistrelli riescono a sentire anche queste frequenze.
Per la luce il discorso è lo stesso, ma abbiate pazienza che ci arriviamo con calma.
Prima di andare avanti vi faccio un’altra domanda: siete mai andati ad un concerto?
O comunque avete mai ascoltato più strumenti suonare dal vivo?
Ecco, sicuramente in quell’occasione, anche se magari vi trovavate lontani dai musicisti, siete riusciti ad ascoltare le note emesse da ogni singolo strumento tutte insieme con i giusti tempi.
Mi spiego meglio, note che venivano suonate insieme magari da un violino e da un contrabbasso arrivavano al vostro orecchio tutte insieme, questo vuol dire che le note, cioè i suoni emessi da qualsiasi strumento percorrono nello stesso tempo la distanza che separa noi dal palco e cioè che i diversi suoni vanno tutti alla stessa velocità!
Questo è un regalo bellissimo che ci fa la natura, se così non fosse non avremmo mai potuto ascoltar musica: ogni suono sarebbe arrivato al nostro orecchio con un ritardo diverso.
Con questa rassicurante e piacevole considerazione ci fermiamo qui altrimenti questa pillola diventa troppo lunga e potrebbe spaventare i più pigri che finirebbero per non leggerla neppure.
Anche con la prossima pillola continueremo a parlare della luce ed in particolare di come nascono i colori che esistono in terra, in cielo ed in tutto l’universo.
Cercherò di semplificare i concetti facendo ancora dei parallelismi con le note della nostra cara musica.
Prima di lasciarvi vi comunico che il 3 dicembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità.
Noi dell’Associazione Pontina di Astronomia a Latina ci siamo messi in moto per onorare questa Giornata con tutte le nostre forze.
Mettiamo in campo tutto ciò che abbiamo costruito fino ad oggi non solo per la disabilità visiva ma anche per i disabili motori (carrozzine).
Per questi ultimi abbiamo modificato in modo particolare i nostri telescopi per permettere la visione telescopica anche a chi sta sulla sedia a rotelle.
Per quanto riguarda voi, amici ciechi ed ipovedenti, molti di voi hanno già partecipato alla settimana di astronomia che realizziamo in estate.
Il 3 dicembre sarà una giornata unica, in cui tutti gli strumenti potranno essere conosciuti ed osservati personalmente ma senza le complete spiegazioni finalizzate alla comprensione di ogni fenomeno rappresentato.
Sicuramente, però, non lasceremo da soli gli eventuali interessati che volessero fermarsi qui a Latina per più di una giornata.
Il programma ufficiale lo troverete nel sito www.astronomiapontina.it
La partecipazione è gratuita.
Spero con questa pillola di non avervi annoiato.
Invio a tutti un caro saluto,
Andrea Alimenti
andreaalimenti@libero.it
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