ALTARE
ALTARE
LA COSTELLAZIONE
L’Altare (in latino Ara, sigla Ara) è una piccola costellazione australe visibile con difficoltà solo dalle regioni meridionali dell’Italia.
Le coordinate del punto centrale sono: 17h 00min di Ascensione Retta (AR) e -55° di declinazione (delta).
LE STELLE
Non ci sono stelle di particolare interesse per l’astrofilo.
GLI OGGETTI CELESTI
Non ci sono oggetti celesti di particolare interesse per l’astrofilo.
L’asterismo della costellazione dell’Altare
L’Altare visto da Hevelius
IL MITO
Il nome originario deriva dal nome dell’Altare dedicato al Centauro Chirone, la creatura terrestre più saggia.
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012 – Cap 08
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012
Domenico D’Amato
Andrea Miccoli
INDICE
8 – MOTI MILLENARI
La Terra gira intorno al Sole su un’orbita ellittica che non è né fissa nello spazio né mantiene nel tempo la stessa forma.
Esistono delle variazioni cicliche che interessano l’orbita e che hanno dei tempi lunghissimi, dello ordine delle decine di migliaia di anni.
In precedenza abbiamo parlato della precessione degli equinozi, un moto che ha un periodo di circa 26.000 anni.
Oltre a questo esistono anche altri moti millenari che sono:
– Spostamento della linea degli àpsidi;
– Variazione dell’eccentricità dell’eclittica;
– Variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre.
SPOSTAMENTO DELLA LINEA DEGLI ÀPSIDI
La linea degli àpsidi è la congiungente dei punti estremi dell’eclittica: il più lontano (afelio) con il più vicino (perielio).
Questa linea ruota in senso antiorario (vista dal polo nord celeste) e compie un giro in circa 117.000 anni (vedi fig 8.1).
Fig. 8.1 – Rotazione della linea degli apsidi
Attualmente la Terra si trova in afelio il 5 luglio, quando nel nostro emisfero siamo in piena estate e contemporaneamente l’emisfero australe è in pieno inverno; mentre invece, la Terra passa al perelio (punto più vicino al Sole) il 5 di gennaio, in pieno inverno, quando l’emisfero australe è in piena estate.
Questa situazione si dovrebbe invertire ogni 13.000 anni ad opera del moto di precessione.
Ma il moto di precessione, che è la rotazione in senso orario dell’asse della Terra, con un periodo di 26.000 anni, in combinazione con la rotazione antioraria della linea degli àpsidi, che ha un periodo di 117.000 anni, causa una inversione stagionale non più ogni 13.000 anni ma ogni 10.500 anni.
VARIAZIONE ECCENTRICITÀ DELL’ECLITTICA
Una ellisse è caratterizzata dall’eccentricità, un parametro che rappresenta lo schiacciamento rispetto ad un cerchio. Matematicamente l’eccentricità è data da:
eccentricità = distanza tra i fuochi / asse maggiore
Un valore zero corrisponde ad un cerchio.
Un valore più grande indica un maggiore schiacciamento della curva.
La forma dell’orbita della Terra è una ellisse con un’eccentricità variabile tra 0,0018 e 0,06, quella attuale è 0,0167 (= 5.000.000/300.000.000).
Un ciclo completo di variazione avviene in circa 92.000 anni.
L’aumento dell’eccentricità porta come conseguenza un aumento della distanza fra i due fuochi dell’ellisse – ricordiamo che in uno dei due fuochi risiede il Sole (vedi fig 8.2).
Fig 8.2 – Variazione eccentricità dell’eclittica.
VARIAZIONE INCLINAZIONE ASSE TERRESTRE
L’asse di rotazione della Terra non mantiene fissa l’inclinazione rispetto al piano dell’eclittica, ma possiede una specie di ondeggiamento che ha una ciclicità di circa 41.000 anni.
L’azione congiunta del Sole e della Luna porta a degli squilibri nella posizione dell’asse di rotazione (oltre al moto conico responsabile della precessione degli equinozi ed alla nutazione), facendo variare l’inclinazione rispetto all’eclittica da un minimo di 21,5° ad un massimo di 24,5°.
La condizione attuale è in una posizione intermedia di 23,4°.
Nel complesso, si può dire che i tre movimenti ora esaminati portino con sé, con cicli diversi, delle conseguenze che accentuano i contrasti stagionali sulla Terra. L’azione congiunta di tutti questi cicli, in momenti particolari, è una delle cause principali del succedersi delle epoche glaciali ed interglaciali, di cui si hanno chiare prove nella recente storia geologica della Terra.
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012 – Cap 09
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012
Domenico D’Amato
Andrea Miccoli
INDICE
9 – L’UNIVERSO: DAL BIG BANG AL BIG CRUNCH
II nostro Universo ha avuto inizio da un punto. Un oggetto matematico senza dimensioni. La singolarità iniziale.
Non è dato sapere come e perché sia iniziato il Tutto. Ma sappiamo che il Creato è nato da una grande esplosione: il Big Bang. Un’esplosione universale che ha permesso a tutta la materia ed allo stesso spazio-tempo, compressi in quel punto, di essere.
Numerosi risultati sperimentali ne hanno sancito la correttezza: l’espansione dell’Universo scoperta da Hubble nel 1928 e la radiazione di fondo misurata da Penzias e Wilson nel 1965.
L’ESPANSIONE DELL’UNIVERSO
L’Universo è composto da corpi o strutture che non sono statiche. Tutto si muove e ruota intorno a qualcosa.
La conferma sperimentale che l’Universo è un organismo in movimento è avvenuta nel 1928 da Hubble; l’astronomo americano determinò che tutte le galassie si allontanano le une dalle altre come spinte da una forza immane; la velocità di allontanamento è proporzionale alla distanza e riuscì a misurarla e a fissarne una legge matematica (legge di Hubble), rilevando lo spostamento verso il rosso (in inglese: redshift) della luce di quegli oggetti lontani che ci arriva sino a noi.
L’effetto è simile all’effetto Doppler che interessa le onde sonore: una sorgente in movimento, ad esempio un treno, in avvicinamento il suono prodotto aumenta di frequenza (diventa più acuto), invece in allontanamento il suono diminuisce di frequenza (diventa più grave).
Per le onde luminose, che sono le messaggere degli oggetti celesti, avviene lo stesso fenomeno, i corpi in allontanamento si manifestano con una luce di frequenza più bassa (colore verso il rosso), mentre quelli che si avvicinano emettono una luce che arriva a noi con una frequenza maggiorata (colore verso il blu).
Hubble riuscì a determinare il legame tra velocità e spostamento verso il rosso (o verso il blu) e pose le basi per un Universo dinamico in espansione.
LA RADIAZIONE DI FONDO
Nel 1965 Penzias e Wilson scoprirono casualmente onde radio a bassa energia che sembravano riempire tutto lo spazio, come un sottofondo. Tale energia era omogenea e costante (isotropa) e non sembrava provenire da un punto particolare del cielo.
La natura era quella di emissione di corpo nero alla temperatura di circa 3° Kelvin (corrispondenti a circa -270° centigradi).
Questa radiazione di fondo è ciò che rimane del Big Bang, della “palla di fuoco” primordiale del nostro Universo.
L’immensa palla di fuoco si è espansa e si è raffreddata.
Considerando l’età stimata dell’Universo (circa 13,7 miliardi di anni), la temperatura media di quella palla di fuoco in espansione deve avere ora una temperatura media corrispondente al valore della radiazione di fondo.
È per questo motivo che tale emissione è detta anche radiazione fossile, perché essa è la radiazione superstite del Big Bang.
IL BIG BANG
II Big Bang è quell’evento che ha dato inizio al nostro mondo circa 13,7 miliardi di anni fa, imprimendo a tutto l’insieme una spinta che prosegue tutt’ora.
Le condizioni primordiali erano proibitive per qualsiasi cosa, materia ed energia compresa.
L’Universo era costituito da una sorta di zuppa energetica.
Con l’espansione, la zuppa energetica si raffreddò, permettendo l’esistenza e la formazione dei primi nuclei di idrogeno.
Le prime strutture nucleari si formarono circa tre minuti dopo l’inizio del tempo, con una temperatura vicina al miliardo di gradi.
Ma dobbiamo aspettare circa 100.000 anni prima che la temperatura scenda a circa 6.000 gradi per effetto dell’espansione e sia stato possibile la formazione stabile dei primi atomi di idrogeno ed elio.
Un processo inflativo, ossia un’accelerazione repentina della velocità di espansione dell’Universo e durato per un tempo limitato, ha generato la formazione di alcuni grumi, che hanno dato vita successivamente alle prime strutture celesti: le nebulose.
La forza impressa dal Big Bang ha permesso all’Universo di espandersi.
Ma la forza gravitazionale permette al Tutto di agglomerarsi e di rallentare nello stesso tempo l’espansione, che altrimenti continuerebbe all’infinito.
Il grafico che segue cerca per sommi capi di riepilogare la storia evolutiva del nostro Universo, dal Big Bang ai giorni nostri (vedi fig 9.1).
Fig 9.1 – La storia evolutiva del nostro Universo.
LE NEBULOSE E LE STELLE
Le stelle sono gli oggetti celesti che brillano di luce propria. Il nostro Sole è una di esse.
Le stelle originano dalle nebulose che sono delle “nuvole” di gas interstellare (solitamente idrogeno ed elio) e polveri.
Nell’interno delle galassie esistono delle ampie zone piene di gas interstellare e polveri che rappresentano la fucina delle stelle.
L’azione della gravità a livello locale fa sì che questo gas si concentri in tanti piccoli bozzoli.
Ogni bozzolo si comporta come una calamità che attrae altro materiale.
La parte interna, soggetta a pressione per il peso degli strati sovrastanti, si riscalda.
Quando la temperatura raggiunge valori dell’ordine di milioni di gradi, s’innesca una reazione fisica denominata fusione nucleare.
Così nasce una protostella.
La fusione nucleare è quel processo fisico che avviene quando si raggiungono dei valori di pressione e temperature tali che due nuclei contigui si fondono: il risultato è un nucleo di un materiale diverso.
Naturalmente il livello di pressione e temperatura è diverso da materiale a materiale (la temperatura è dell’ordine dei milioni di gradi), e l’idrogeno è quello più facile da “fondere”: sono necessari solo 15 milioni di gradi!
Il processo di fusione nucleare produce un materiale d’ordine superiore, ad esempio l’idrogeno produce elio, ed una grande quantità di energia, sotto forma di calore e di particelle energetiche (vedi fig 9.2).
Fig 9.2 – Il processo di fusione nucleare tra quattro nuclei di idrogeno (H) genera un nucleo di elio (He) più dell’energia.
Il calore generato viene diffuso nell’ambiente circostante; le particelle energetiche prodotte, invece, creano una pressione interna che gonfia la stella e contrasta l’attrazione gravitazionale che tende a comprimere il tutto verso il centro.
Si stabilisce una sorta di equilibrio tra gravità e pressione, senza questo equilibrio la stella non può sopravvivere.
LE GALASSIE
Le stelle non si formano isolate ma nascono in immense estensioni di gas e detriti.
L’insieme di questi enormi raggruppamenti di corpi da vita alle galassie.
Le galassie sono enormi agglomerati stellari che contengono miliardi di stelle.
La nostra Via Lattea è una di esse e contiene circa 200 miliardi di stelle.
La forma è solitamente un disco ruotante intorno ad un centro, con la popolazione stellare che si sfrangia in strisce spiraleggianti.
Le dimensioni sono dell’ordine di diverse decine di migliaia di anni-luce (circa 100.000 a.l. per la Via Lattea) (vedi fig 9.3).
Fig 9.3 – Evoluzione di una galassia.
VITA DELLE STELLE
Le stelle non vivono in eterno. Esse brillano sino a che esiste combustibile nel loro interno:il carburante principe è l’idrogeno, l’elemento che ha bisogno delle condizioni di temperatura e pressione più favorevoli, generando nel contempo anche una maggiore energia dalla reazione nucleare.
Il processo funziona anche con gli altri elementi, fino a che non si incontra il ferro e la reazione si interrompe.
Chiaramente a mano a mano che un elemento si esaurisce, la reazione prosegue con un elemento superiore ma si produce sempre meno energia; la stella cambia colore, si arrossa, sino a spegnersi quando l’energia prodotta non è più in grado di auto-alimentare la reazione nucleare.
Con lo spegnimento, la stella morente può seguire diverse strade evolutive secondo la sua grandezza:
1) — La stella si spegne e si contrae sino a trovare una sorta di equilibrio tra pressione dei materiali costituenti e l’attrazione gravitazionale: nane brune.
Ma nane brune sono anche quelle piccole stelle che non hanno raggiunto una grandezza tale da innescare una reazione di fusione nucleare duratura.
La massa di questi oggetti è inferiore a quella del nostro Sole.
2) — La stella prosegue nella lotta alla vita, trasferendo all’interno la reazione nucleare.
L’energia prodotta fa espandere il guscio esterno.
Quando l’espansione ha raggiunto un certo limite il guscio in espansione esplode, generando una supernova.
Il nucleo, se ha ancora del materiale da bruciare, diventa una nana bianca.
Il materiale espulso dall’esplosione si disperde lentamente nello spazio interstellare, formando attorno all’astro residuo centrale un tenue guscio sferico che si allarga sempre più con il passare del tempo: questo oggetto prende il nome di nebulosa planetaria.
3) – La gigante rossa, una volta espulso il guscio esterno, è condannata al collasso gravitazionale se il corpo non è in grado di auto-sostenersi con la reazione di fusione nucleare dei materiali residui.
Il collasso gravitazionale è quel processo fisico pilotato dalla forza gravitazionale che fa implodere la materia su se stessa. Tale implosione prosegue sino a che la resistenza degli atomi a compenetrarsi non la ostacoli.
Se la massa è compresa tra 1,5 e 3,5 masse solari, la forza implodente è tale da vincere anche la resistenza degli atomi: gli elettroni (particelle negative) vengono spinti contro il nucleo, attirati dai protoni (particelle positive) si annullano a vicenda, creando dei neutroni (particelle neutre).
La materia diventa costituita unicamente da neutroni.
Il corpo ottenuto è una stella di neutroni (o Pulsar, acronimo di PULsating StAR).
Corpo compatto che gira velocissimo (dell’ordine di un giro al secondo ed anche meno) e che non emette luce, ma un segnale elettromagnetico ad impulsi con frequenza pari alla sua velocità di rotazione, come fosse un faro.
Le dimensioni del corpo iniziali diventano minuscole: il nostro Sole si contrarrebbe sino ad avere un diametro di circa dieci chilometri!
Un centimetro cubo di questo materiale peserebbe circa un milione di tonnellate, la densità del nucleo atomico!
4) – Se la stella iniziale ha una massa enorme (oltre 3,5 masse solari), il destino finale è ancora diverso da quelli sino ad ora illustrati: il collasso gravitazionale prosegue all’infinito; si genera quello che i fisici chiamano: una singolarità, il buco nero.
La materia diventa sempre più densa.
Nulla sfugge al suo campo gravitazionale, che diventa sempre più grande, sempre più vorace.
Nulla riesce a partire dalla sua superficie, neanche la luce. Il corpo centrale diventa invisibile, da qui il nome di Buco Nero.
L’osservazione visuale diretta di un tale oggetto cosmico è praticamente impossibile.
L’immagine che segue compendia graficamente quanto appena detto (vedi fig. 9.4).
Fig 9.4 – Evoluzione tipica di una stella.
PARAMETRI DELLE STELLE
Le stelle emettono luce e si presentano a noi con caratteristiche diverse.
La prima peculiarità è che alcune sembrano essere molto brillanti, altre più deboli, oltre che presentare un colore diverso.
Gli astri non sono tutti uguali in grandezza e, soprattutto, non sono tutti alla stessa distanza.
Una stella più brillante (ad esempio Sirio) non è che una stellina in confronto a Rigel della costellazione di Orione, ma ci appare come la più brillante perché Sirio è distante solo 8,6 a.l. contro i 1.000 a.l. di Rigel. Rigel ha una massa 20 volte quella di Sirio.
Una prima caratteristica delle stelle è la magnitudine apparente (m), ossia la luminosità con cui la vediamo. Un altro parametro caratteristico è la magnitudine assoluta (M), ossia la luminosità con cui vedremmo la stella ad una distanza fissa di 10 parsec equivalenti a 32,6 a.l.
La luminosità più alta corrisponde ad una magnitudine più piccola.
Ad esempio: una stella di magnitudine apparente m=0 è 2,512 volte più luminosa di una di m=1, che è 2,512 volte più luminosa di una di magnitudine m=2, e così via.
In condizioni favorevoli, l’occhio umano è in grado di percepire le stelle fino alla magnitudine m=6.
In questo modo teoricamente si possono scorgere ad occhio nudo sino a circa 3.000 stelle per emisfero.
L’altro parametro che contraddistingue le stelle è il loro colore, sinonimo di età: le stelle azzurre sono le più giovani, quelle rosse sono le più vecchie.
All’osservazione visuale, le stelle si possono presentare in diversi modi:
– isolate;
– in sistemi multipli: sistemi binari, sistemi tripli e così via.
Molte delle stelle che osserviamo, ci sembrano singoli astri.
L’osservazione al telescopio mostra che la maggior parte fanno parte di sistemi multipli.
Ma ciò non significa che siano necessariamente dei sistemi legati fisicamente l’uno all’altro.
Possono semplicemente essere delle doppie o triple solo prospetticamente.
In altri casi, dei sistemi stellari li possiamo osservare in un modo, ma dal loro comportamento possiamo dedurre che hanno una o più compagne invisibili.
– In ammassi aperti, quando la concentrazione in una certa zona è superiore al normale, ma che comunque distinguiamo abbastanza facilmente gli astri presenti.
– In ammassi globulari, quando la concentrazione è tale che esso si presenta alla nostra osservazione come una nuvoletta sfrangiata, molto brillante, su cui riusciamo a distinguere qualche componente.
– In galassie. Tutte le stelle che vediamo ad occhio nudo appartengono alla nostra galassia, la Via Lattea. Solo M31, conosciuta col nome di Grande Galassia di Andromeda, è l’unico oggetto extra-galattico che si riesca a scorgere ad occhio nudo.
L’UNIVERSO OGGI
II nostro Universo è in espansione. Ma sino a quando?
Gli studiosi non sono concordi sul destino futuro del Tutto.
La quantità di materia ed energia contenuta nell’involucro universale non è conosciuto. Il comportamento delle galassie, fa presupporre che noi vediamo solo una minima parte (circa il 10 per cento) di ciò che veramente è l’Universo.
Ma cos’è questa parte invisibile e sconosciuta?
Per rispecchiare il mistero che circonda questa parte consistente di materia, i fisici hanno pensato bene di denominarla materia oscura.
Non possiamo dire nulla per specificare questo tipo di materia.
Non si riesce a renderla tangibile con nessun esperimento.
Sappiamo solo che c’è ed è la maggioranza dei costituenti il nostro mondo.
La quantità di materia esistente per un volume unitario (densità) determina la vita futura dell’Universo:
1) – se questa densità è inferiore alla densità critica, l’Universo si espanderà per sempre.
Ma comunque finirà per la morte di tutti i suoi componenti;
2) – se la densità è uguale a quella critica, l’espansione rallenterà, per fermarsi in un tempo infinito.
Ma comunque finirà per la morte dei suoi componenti;
3) – se la densità è superiore a quella critica, la forza gravitazionale rallenterà sempre più l’espansione, iniziata con il Big Bang, sino ad avere il sopravvento. A questo punto l’Universo inizierà a contrarsi, sino a che avverrà il Big Crunch: la grande contrazione. Il Big Crunch è il buco nero finale in cui tutto l’Universo precipiterà e finirà la sua esistenza.
Qual è il nostro destino?
A noi non è dato sapere. I tempi sono comunque enormi.
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012 – Cap 10
APPUNTI DI ASTRONOMIA 2011-2012
Domenico D’Amato
Andrea Miccoli
INDICE
10 – IL SOLE
In passato si pensava che il Sole fosse un’enorme deposito di carbonio solido e di ossigeno necessario alla sua combustione.
L’ipotesi di una fornace a carbonio non poteva essere adeguata perché le scorte di combustibile si sarebbero esaurirete nel giro di poco tempo: 2.500 anni.
Una seconda ipotesi prevedeva l’emissione di calore prodotto per contrazione gravitazionale della materia di cui è composto: un corpo quando è compresso si riscalda.
Esiste però un periodo massimo di durata di questo effetto per un corpo delle dimensioni del nostro astro: 30 milioni di anni.
Con l’evoluzione della fisica nucleare si è capito qual è il meccanismo vero di produzione di tanta energia per un tempo così lungo: la fusione nucleare.
Il Sole è un enorme contenitore di idrogeno che, per effetto del proprio campo gravitazionale, si comprime fortemente e, in conseguenza di ciò, si riscalda enormemente.
Ad una determinata temperatura (oltre 15 milioni di gradi) e pressione (300 miliardi di atmosfere), gli atomi di idrogeno (un protone ed un elettrone) sono spinti l’uno contro l’altro e si fondono, dando inizio al processo di fusione nucleare.
In questo modo, quattro atomi di idrogeno si uniscono per dar vita ad un atomo di elio; ma l’atomo di elio risultante pesa meno dei quattro atomi di idrogeno di partenza.
Cosa ne è della massa mancante?
La massa mancante è trasformata in energia ed emessa sotto forma di fotoni (energia elettromagnetica = luce) e particelle elementari (vento solare).
Per avere un’idea dell’ordine di grandezza del processo che avviene nel nostro Sole (ed anche nelle stelle) 1.000 milligrammi di idrogeno che si fondono generano 993 milligrammi di elio.
I sette milligrammi mancanti si trasformano interamente in energia secondo la semplice formula di Albert Einstein sull’equivalenza di massa ed energia:
E = m c2
La piccola massa di 7 milligrammi si trasforma in una quantità enorme di energia perché moltiplicata per la velocità della luce c (300.000 km/sec) al quadrato: circa 200.000 KWh, equivalente al consumo di energia elettrica di un’abitazione media per circa 20 anni. È solo l’energia prodotta da 7 milligrammi di idrogeno!
Il Sole produce calore “bruciando” ogni secondo circa 600 milioni di tonnellate di idrogeno; le “ceneri” che rimangono dopo la fusione sono circa 596 milioni di tonnellate di elio, mentre le rimanenti 4 milioni di tonnellate di massa mancante (circa 7 per mille) sono espulse come energia luminosa (fotoni) e particelle elementari (vento solare); tutto questo avviene ogni secondo, da 5 miliardi di anni e per altri 5 miliardi di anni.
Alla fine della sua lunga vita di 10 miliardi di anni il Sole avrà perso solo il 1/1000 della sua massa iniziale!
Di tutta l’energia emessa dal Sole, sulla Terra ne arriva solo mezzo miliardesimo, tutto il resto è disperso nello spazio circostante.
DIMENSIONI DEL SOLE
Il Sole ha una massa di 2 x 1030 kg pari a 333.000 volte la massa della Terra e 750 volte la massa di tutti i pianeti e satelliti del sistema solare messi insieme. La sua massa costituisce il 99,87% della massa totale del sistema solare.
Il suo diametro di 1.400.000 km è quasi il doppio dell’orbita lunare, che misura al massimo 770.000 km.
Le illustrazioni che seguono rendono l’idea delle dimensioni enormi che ha; il diametro del Sole è messo a confronto con quello dei pianeti del sistema solare (vedi fig 10.1) e con l’orbita della Luna (vedi fig 10.2).
Fig 10.1 – Il Sole e i pianeti.
Fig 10.2 – Il Sole e l’orbita lunare.
L’OSSERVAZIONE DEL SOLE
Come tutti i corpi celesti, anche il Sole gira su se stesso ma, per la sua composizione gassosa, il tempo di rotazione non è uniforme: circa 27 giorni all’equatore e circa 30 giorni ad una latitudine di 40°.
La superficie del Sole che noi osserviamo è la fotosfera, ed è sormontata da una sottile atmosfera denominata cromosfera.
Al di fuori di essa vi è la corona, visibile solo durante le eclissi totali di Sole o con apposite strumentazioni.
Il Sole lo si può osservare come un qualsiasi astro, ma per poterlo fare con sicurezza occorre ridurre l’enorme calore e luminosità che ci invia.
Esistono in commercio diversi tipi di filtri, solitamente sotto forma di pellicole da applicare agli ingressi di tutti gli strumenti ottici che utilizziamo per le osservazioni dirette del Sole: tubo ottico, cercatore, ecc.
Di filtri solari ne esistono diversi in commercio, uno di essi è il Mylar.
Possiamo utilizzare il vetro nero usato dai saldatori, quello con il maggior potere bloccante; come pure è valido il disco interno di un vecchio floppy disk per computer.
Altri sistemi, come quello del vetro affumicato, non proteggono a sufficienza l’occhio e potrebbero arrecare danni permanenti alla retina.
Esiste un metodo particolare per osservare il Sole, quello a proiezione, valido soprattutto quando si è in molti, ma che necessita di una meticolosa cura nell’inseguimento del Sole durante tutto il periodo di osservazione, per evitare danni irrimediabili al telescopio.
Il telescopio senza protezioni è diretto verso il Sole, l’immagine del nostro astro è proiettato dall’oculare su di una superficie bianca posta perpendicolarmente all’asse dell’oculare stesso.
Allontanando tale superficie è possibile ingrandire l’immagine del Sole ed osservarne tutti i particolari possibili con comodità.
Attenzione! Ricordiamo che la luce solare entrante nel tubo del telescopio viene concentrata nel fuoco per poi fuoriuscire attraverso l’oculare.
La parte dell’immagine solare che non fuoriesce attraverso l’oculare danneggia irrimediabilmente in pochi secondi le parti (solitamente in materiale plastico) di supporto alla lente dell’oculare.
È bene fare molta attenzione a che l’immagine fuoriesca completamente (basso ingrandimento, centratura del disco solare). Inoltre, non tutti i tipi di oculari possono essere usati per “proiettare” il Sole: i Plossl, gli ortoscopici e gli RKE, non possono essere usati, perché il loro sistema
ottico è formato da più lenti incollate tra loro, che potrebbero essere rovinate irrimediabilmente dallo effetto del calore dei raggi solari sulla colla.
Per riepilogare: gli oculari da usare sono quelli ad una sola lente o formati da lenti non incollate tra loro, tipo Ramsden o Huygens e, comunque, il Sole deve passare interamente attraverso le lenti, pena la fusione del supporto su cui è alloggiata la lente dell’oculare. Ne consegue che l’oculare da usare non deve fornire un ingrandimento eccessivo: l’immagine del disco solare deve essere completa per tutta la durata dell’osservazione.
COSA OSSERVARE?
L’osservazione del Sole, ad occhio nudo o col telescopio (chiaramente con le dovute precauzioni), ci mostra un corpo sferico dal bordo netto, come fosse di metallo.
Nonostante il nostro astro sia composto di gas, a causa dell’alta temperatura, lo stato della materia è tale da risultare opaco alla vista, conferendo all’insieme una sembianza metallica.
Ciò che vediamo è la fotosfera, un piccolo straterello di circa 600 km di profondità.
Schermando opportunamente il telescopio è possibile osservare una certa granulosità della sua superficie.
La granulosità è generata dai moti convettivi del gas: la parte più chiara è l’apice della colonna di gas ascendente e quella più scura è la parte discendente.
Sono solitamente visibili delle macchie scure che rappresentano regioni più fredde (circa 4.000°K) rispetto alla superficie circostante (circa 6.000°K); possono avere delle estensioni che superano la grandezza della Terra; la loro frequenza varia secondo un ciclo che dura undici anni.
Con l’osservazione delle macchie solari in più giorni consecutivi ci possiamo rendere conto della veloce rotazione del Sole.
In concomitanza con il massimo di questo ciclo (il massimo del numero delle macchie solari), il Sole emette un’elevata quantità di particelle e di radiazioni, che possono avere effetti devastanti nello spazio circostante, danneggiando satelliti artificiali in orbita e provocando aurore boreali e disturbi alle comunicazioni a lunga distanza.
Sulla fotosfera sono osservabili talvolta anche dei brillamenti (facole), delle piccole esplosioni che danno luogo ad aumenti della luminosità a livello locale.
Al di sopra della fotosfera, per un’altezza di circa 10.000 km, si estende la cromosfera.
In questa zona è possibile osservare dei filamenti o delle protuberanze, ossia dei getti di materia incandescente, che creano degli archi di forma variabile, che si estendono per migliaia di km al di sopra della superficie del Sole, e la cui quantità è legata al ciclo undecennale delle macchie solari.
Solitamente si evolvono nel giro di poche ore.
L’osservazione dei filamenti e delle protuberanze è possibile soltanto con particolari attrezzature: filtri H-alfa, abbastanza costosi.
L’attività del Sole, che si manifesta nella corona (la zona esterna alla cromosfera) può essere osservata durante una eclissi totale di Sole oppure con strumentazioni sofisticate che simulano una eclissi: il coronografo, uno strumento non amatoriale.